Unrooted, mostra individuale di Karymava Hulnaza per Premio Voglino – Italy Photo Award
In occasione di Milano Photofestival 2019, giovedì 9 maggio Istituto Italiano di Fotografia ha inaugurato la mostra Unrooted di Karymava Hulnaza a cura di Cecilia Pratizzoli, Premio Voglino – Italy Photo Award, ed è rimasta visitabile fino al 31 maggio 2019.
La IV edizione del Premio Voglino – per la valorizzazione e diffusione della cultura fotografica italiana – ha assegnato per la categoria “Studenti” alla ventunenne Karymava Hulnaza (in arte Cristina Ceglie) il premio “Borsa di Studio IIF” al 2° anno del Corso Professionale Biennale di Fotografia 2018/2019 del valore di € 7.900. La prestigiosa giuria – presieduta da Cecilia Pratizzoli, Fondatrice e Direttrice del Premio Voglino – ha scelto di premiare il progetto “Unrooted”, che si concentra appunto sul concetto di “sradicamento”. La fotografa racconta con poetica incisività, attraverso l’intenso linguaggio del bianco e nero, la traumatica e straniante esperienza della perdita delle radici culturali ed affettive da parte di alcuni bambini Bielorussi che hanno lasciato la propria terra a causa di un’adozione.
Si ringrazia BAM Bottega Antonio Manta per la stampa delle immagini in mostra in qualità di sponsor tecnico del Premio Voglino – Italy Photo Award.
Il progetto affronta la tematica dello “sradicamento” nella vita di alcuni bambini Bielorussi che abbandonano le loro origini, le loro radici per essere adottati da famiglie italiane. Entrano così a contatto con una cultura differente dalla loro, con la quale devono imparare a confrontarsi e, con il tempo, a convivere. Nascere in una nazione significa inconsciamente legarsi alle abitudini, agli odori, alle atmosfere e portarsele dietro per tutta la vita; significa, nella lontananza, sentire la mancanza della propria terra, bella o brutta che sia. Ogni bambino adottato si sente costantemente a metà tra ciò che aveva sin dalla sua nascita e ciò che invece trova nel momento in cui si trasferisce in un altro Paese. Sente il dolore dell’essere sempre in bilico tra il “qui” e il “là”. Adottare significa mettersi continuamente in discussione, affrontare giorno per giorno problemi creati dalle mancanze di elementi importanti senza i quali questi bambini hanno dovuto imparare a crescere.
Partire per la Bielorussia e seguire il viaggio di questi bambini attraverso una realtà a loro sconosciuta, è un’esperienza che associazioni come GABB (Gruppo Accoglienza Bambini Bielorussi) permettono di vivere a tante persone che desiderano intraprendere il percorso dell’adozione. La voglia di fare del bene è il punto di partenza per tante coppie ma certamente è molto meno di quanto realmente sia necessario. Chi adotta deve imparare a conoscere la storia di questi bambini, dei luoghi in cui hanno vissuto e delle loro tradizioni. Iniziare una relazione con uno di questi bambini significa quindi entrare in empatia con il groviglio emozionale che lo abita, cercando di comprendere la sua voglia di recuperare la propria identità. In sostanza, vuol dire riuscire a capire la sua forte volontà di colmare i vuoti e la spinta interiore che egli sente nel cercare di raggiungere questo obiettivo. Gli adulti devono accettare di attenersi alla regola implicita dettata dal bambino, attraverso quello che manifesta nei suoi comportamenti e nel suo modo di essere. Ci si trova di fronte a un soggetto che tenderà sempre a sentirsi uno straniero e che rimarrà comunque legato ad un sentimento di nostalgia per le sue origini.
Accogliere questi bambini – forse obbligati a crescere troppo in fretta e a dover affrontare situazioni che un bambino ha difficoltà a gestire – è un processo difficile per i genitori. L’adozione rappresenta il momento in cui per la prima volta i bambini ritrovano il piacere di poter ritornare a vivere appieno la loro infanzia, pur continuando a sentire un costante conflitto interiore. È facile dunque che un genitore adottivo possa fraintendere atteggiamenti, tanto da considerarli insoliti o prenderli come problematiche innate. Essere un genitore adottivo significa dunque mettersi realmente in gioco in queste situazioni, cercando di comprendere quali possano essere le cause di un determinato problema. Si hanno molte più responsabilità rispetto a quelle di un genitore biologico poiché si deve cercare di non riaprire ferite ancora non completamente guarite nell’anima di questi bambini, cercando di aiutarli e di non crearne ulteriori. Fondamentale dunque si dimostra il sostegno di personalità che possano accompagnare figli e genitori in questo percorso, sicuramente duro e faticoso ma che con un lavoro svolto da entrambe le parti può portare alla nascita di un legame forte, rafforzato giorno dopo giorno dalla comprensione e dall’amore.
Annacecilia Laporta
“Una madre
è come una sorgente montagna
che nutre l’albero alle sue radici,
ma una donna che diventa madre del bimbo
partorito da un’altra donna
è come l’acqua che evapora fino a diventare nuvola e viaggia per lunghe distanze per nutrire un albero solo nel deserto”
Tratto dal Talmud
“Tutti i dolori sono sopportabili
Se li si fa entrare in una storia,
o se si può raccontare una storia su di essi”
Karen Blixen